«..alla corsia 4, Michele Felpi!»
La chiamata fu seguita da un piccolo coro
festante! Erano i compagni di squadra che lo inneggiavano. Michele si affacciò
titubante. Gli spalti intorno alla piscina erano gremiti di persone. Erano le
gare mondiali del nuoto e molti andavano alla piscina olimpica a guardare i
beniamini delle varie nazioni, nuotare in quella vasca di acqua e cloro. Otto
bei ragazzi, degli adoni, si fronteggiavano a suon di bracciate, per vedere chi
tra di loro era il più veloce a nuotare in stile libero nella distanza di 200
metri.
Michele era al primo mondiale! Erano ormai quasi
20 anni che si allenava per questa occasione! I suoi compagni l’avevano
caricato al meglio. “Sei il più forte” o “Fai vedere chi sei” erano le frasi
che i suoi compagni gli avevano detto.
Il giorno prima c’erano state le semifinali. Una
gara mozzafiato, nonostante nessuna gara fosse stata messa in palio. Michele
aveva fronteggiato il campione mondiale in carica, l’americano Jhon Swim. Non
serviva vincere: sarebbero passati i primi 8 tempi, quindi bastava fare
abbastanza da poter passare. Ma non si può dire a due nuotatori di fare il
minimo e di non provare a battersi. Nessuno dei due spinse al massimo, ma
entrambi cercarono di vincere. La spuntò Swim, ma di poco.
Oggi c’erano le finali. Michele era in 4 corsia,
una corsia privilegiata, di solito data a uno dei favoriti. Le corsie centrali
erano le migliori, perché permettevano al nuotatore di controllare gli
avversari. Michele si avvicinò alla sedia messa davanti alla sua corsia. Iniziò
a svestirsi, togliendosi la maglietta e le cuffiette collegate all’iPod che
trasmetteva alla sua testa una musica rilassante e porta fortuna. Intanto,
nella corsia 5, si posizionò Swim. L’americano era più sicuro di se: campione
del mondo in carica, era anche una persona sicura e decisa. Michele era più un
introverso, ma quando entrava in acqua diventava uno squalo.
L’acqua, la libertà del nuoto. Ogni bracciata era
un passo verso il proprio Eden, il proprio Nirvana. Quando nuotava, Michele si
sentiva isolato e libero di pensare ciò che voleva. I rumori fuori erano
attutiti dall’acqua e dallo scrosciare delle sue bracciate. Amava poi nuotare
in piscine completamente vuote, sotto il solo occhio vigile della sua
istruttrice Magda Pollock, ragazza italo americana, ex giovane nuotatrice prodigio,
che smise a causa di problemi di cuore. Magda lasciava Michele nuotare come
voleva, dando solo il suo piano di allenamento. Michele lo svolgeva senza
problemi, senza discutere, conscio che Magda aveva le idee ben chiare.
Si era allenato per due anni, nei quali aveva
distrutto i record nazionali durante le qualificazioni italiane per i mondiali.
Era uscito fuori dalla massa come “nuova promessa”, rendendo felice se stesso,
Magda, i suoi amici e parenti e gran parte degli italiani. Ora eccolo lì,
affianco al campione, in vasche estere, con i più forti del mondo.
Tutti i nuotatori si posizionarono sulle pedane,
pronti al tuffo. Il cuore di Michele iniziò a battere forte. Quello era il
momento che più lo metteva in soggezione: l’attesa della partenza. Prima si
doveva preparare e concentrare, poi doveva solo nuotare. In quel momento, la
sua testa entrava nel caos. Il suo più grande problema era l’emotività.
Bang!
Finalmente la
partenza! L’impatto con l’acqua era un ottima sensazione: voleva dire che ora
si doveva dare il massimo. Non pensare più a niente, se non alle parole di
Magda
«Ad
ogni bracciata, pensa che di fronte a te ci sia un gelato, che tu devi
raggiungere! Allunga le bracciate, prendi il tuo ritmo!»
Il
ritmo! Segnato da una canzone che gli iniziò a rimbombare nella testa. Una di
quelle canzoni che ascoltava prima di ogni canzone. Una canzone ritmata, con
una batteria veloce ed un tempo andante.
Bracciata,
bracciata. Testa fuori per prendere aria e di nuovo sott’acqua. Ogni tanto il
rumore del pubblico urlante arrivava alle orecchie di Michele, ma non ci faceva
caso. Aveva la sua canzone in testa.
La
virata rapida e un’occhiata agli avversari. Erano ai 50 metri ed erano ancora
tutti vicini. Swim, però, era quello leggermente più avanti. Bene, andava bene
così.
Bracciata,
respiro, bracciata, respiro. I piedi che battevano dietro, nell’acqua, formando
schizzi e schiuma. Ogni bracciata che tagliava il pelo dell’acqua come un coltello.
Di nuovo il muretto. Di nuovo una virata. La spinta con i piedi e un po’ di
calci sott’acqua. Usciti di nuovo, un occhiata agli avversari. Swim era più
avanti, ma Michele era lì, alle sue spalle.
Ancora
bracciate, con una cadenza ora incostante. La stanchezza iniziava a farsi
sentire. Me bracciate furono più lente, meno cadenzate. La canzone nella testa
diventava più lenta.
Ultima
virata, ultima vasca. Swim era davanti. Altri si stavano avvicinando a Michele.
Ormai sembrava una disfatta! Ma una voce nella testa dell’italiano rimbombò. La
voce di Magda!
«…e
ricorda: è l’ultima vasca che conta! Se gli altri ti sono davanti prima,
meglio! L’importante è portarseli dietro all’ultima vasca! Guarda la fine, non
pensare agli altri! Pensa solo a raggiungere il prima possibile l’altra parte
della vasca!»
L’ultima
vasca! Ultima di una gara importante! Un mondiale! Un oro alla propria portata!
Un oro mondiale! Questi pensieri diedero forza a Michele. Le bracciate
divennero più veloci, più cadenzate, più ritmate. I piedi iniziarono a battere
più velocemente. Il muro si avvicinava sempre più velocemente! Era primo? Secondo?
Terzo? Ultimo? Non importava! Importava solo raggiungere quel muretto prima
possibile. Il tocco! La fine! Come era andata era andata!
Michele
uscì dall’acqua. Sentì un boato nel palazzetto del nuoto. Intorno tutti gli
altri erano arrivati, ma non sapeva l’ordine! Alzò gli occhi, verso il
tabellone!
1°
Jhon Swim
Non
ce l’aveva fatta!
1°
Michele Felpi
«Che
è successo?» disse ad alto volume, senza accorgersene.
«Siamo
arrivati insieme!» rispose Swim, in un italiano stentato. «Sei stato very good,
ragazzo!»
Michele
si avvicinò a Jhon! Era il suo avversario, ma era un amante del nuoto, come
lui. Si strinsero la mano! Un oro mondiale! Condiviso col più forte del mondo!
Forse era questo l’epilogo migliore!