L'ABBRACCIO
Improvvisamente
ripresi i sensi. Mi ritrovai sdraiato su un altare di marmo. La sua superficie
era gelida. Lo percepivo, ma non rabbrividivo. La sensazione di freddo era
ridondante nella mia testa, eppure risultava una percezione ovattata, quasi
lontana. Aprii gli occhi. Come immaginavo, la stanza intorno a me era buia, ma
mi sorpresi quando riuscii a distinguere il soffitto e i numerosi drappi di
velluto rosso che lo adornavano. Non mi servì guardare, però, per capire che
ero nudo. Il contatto della mia carne direttamente con il marmo era palese
Nonostante questa mia consapevolezza, non ne ero per niente turbato. Non
fraintendetemi, non stavo male senza vestiti. Solo che ero sempre stato un uomo
pudico, che odiava anche solo girare nudo per casa dove vivevo da solo.
Mi alzai,
perché il piano dov’ero sdraiato e iniziavo a sentire dolori alle spalle. O
almeno, sapevo che dovevo provare dolore, ero abituato. Avevo sempre patito
grandi dolori di schiena, soprattutto quando dormivo scomodo. Quando fui ormai
seduto, mi accorsi di non provare nessun dolore. Solo un eco di quello che una
volta era il mio solito dolore.
«Ben ‘risvegliato’, Fratello!» La voce rimbombò nella stanza in modo innaturale. Mi guardai attorno.
La stanza era ottagonale, completamente buia. Non vi erano fonti di luce, ne
finestre dalla quale potesse filtrare la luce della luna. Eppure vedevo. Vedevo
i sette scranni che si trovavano su sette dei lati della stanza, dove vi erano
sedute 7 figure incappucciate e ammantate di una lunga tunica. Non feci caso
alla cadenza col quale la voce aveva sottolineato la parola “risvegliato”.
Me ne accorsi solo più avanti.
«Alzati!»
ordinò gentilmente una voce femminile. Lo feci. Mi ritrovai lì, completamente
nudo, con 7 sconosciuti fermi a fissarmi nel buio. Sapevo che riuscivano a
guardarmi come ci riuscivo io. Sapevo che riuscivano a fendere le tenebre con i
loro sguardi, proprio come potevo fare io.
«Sento
freddo!» dissi! Era vero! Non sentivo di certo il freddo che può sentire un
mortale! La mia era più una percezione del freddo, della quale rimanevo
distaccato ed indifferente. Una delle figure incappucciate si alzò. Aveva in
mano dei vestiti: un paio di jeans e una maglietta viola con scritte nere. Mi
parve di riconoscerle, ma non rimasi a chiedermi il perché. Li indossai e
basta.
Una
volta vestito, vi furono alcuni minuti di silenzio innaturale. I sette individui
mi guardavano e io guardavo loro!
«Qualcuno
si prende la briga di dirmi chi sono e cosa sta succedendo?» chiesi scocciato.
Quella situazione mi innervosiva. In più, stavo diventando conscio di non
ricordare chi fossi. E la cosa aggiungeva inquietudine al mio nervosismo. Sentii i sette parlottare, come se fossero
sorpresi nel sapere che non sapevo chi fossi.
«Davvero
non ricordi chi sei?» mi chiese una voce maschile più roca della solita.
«Ehi,
secondo voi ve l’avrei chiesto se lo sapessi?» chiesi scorbuticamente in tutta
risposta «Perché sono qua? Chi siete voi? E che mi avete fatto?» quest’ultima
domanda non fu tanto strana. Pur non sapendo cosa facessi là, sapevo di non
essere normale. Sapevo che mi era successo cosa. Solo che non mi era chiaro
cosa fosse.
«Sei
stato Abbracciato dalla nostra
comunità!» Questa volta notai il tono che soppesava la parola abbracciato.
«Che
significa?» continuai a chiedere.
«Significa
che sei morto!» disse uno dei sette, alzandosi e portando indietro il cappuccio.
Era un uomo sulla quarantina. Probabilmente di origine ispanica, vista la
carnagione scura e i lineamenti. Ma nonostante il colore scuro, la sua pelle
sembrava fatta di chiaro marmo ed emanava un’aura di bellezza strana. I capelli
erano lunghi dietro la schiena e sembravano fatti di seta pura. Ma la
particolarità maggiore era degli occhi: avevano una forma innaturale, aliena.
La pupilla era grande, l’iride era di un colore quasi fluorescente con
lineamenti neri sull’esterno. Ma soprattutto, sembravano scrutarti all’interno
e spulciare la tua anima. L’uomo si avvicinò lentamente. La cadenza era
costante, quasi come se si avvicinasse fluttuando. La sua aura di misticismo mi
trattenne di fare altre osservazioni pungenti e mi fece capire che quel ce
diceva non era falso. Ma come potevo essere morto?
«Sei
morto nel corpo, ma vivo nell’anima! Un’anima dannata ormai, come lo è la mia e
quella di tutti i presenti!» l’uomo indicò i presenti. Poi continuò a fissarmi
con l’aria impassibile. Feci altrettanto «Per te è iniziato un requiem che
suonerà in eterno! Benvenuto fra noi Fratello Vampiro!»